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 Beato Pietro Geremia
 
                                                   Il suo desiderio di conformarsi a Cristo Crocifisso era tale, da spingerlo a lamentarsi con Dio quando rimaneva qualche tempo senza prove.  Ma questo aspetto del tutto intimo e personale non gli impediva di spendersi per la Chiesa.  Si adoperò così con ogni mezzo per la rinascita di una vita veramente spirituale tra i religiosi ed il clero in tutta la Sicilia.  Alla sua scuola si formò una schiera di domenicani fra i quali emergono il Beato Giovanni Liccio da Caccamo (1426-1511), il Beato Bernardo Scammacca da Catania (1430-1487) e il Beato Domenico Spadafora da Randazzo (1450-1521), il cui tratto essenziale è la capacità di rendere vitale l'annuncio del Vangelo a tutti,. passando per la via degli ultimi.  Nascono così scuole e ospedali pubblici accanto a conventi e monasteri.
Oltre che a Palermo il Beato Geremia svolse anche a Catania un intenso apostolato, tanto che varie volte le due città rivaleggiarono nel chiamare il Beato ad intervenire nelle loro vicende di vita civile e religiosa.
La sua testimonianza di uomo del Vangelo indusse l'intero Convento di S. Cita (fondato nel 1428) a ripristinare la perfetta osservanza della spiritualità domenicana, divenendo polo d'attrazione per tutta la città.  Né potevano passare sotto silenzio i gesti prodigiosi di cui la vita di Pietro Geremia fu segnata. Segni che avevano sempre come sfondo la potenza della misericordia che la Parola del Vangelo annunciava.  Come quando riattaccò la testa di una donna uccisa il cui capo era stato nascosto fra dei cespugli presso la Porta San Giorgio. Il Beato Pietro, si racconta, chiamato dai fedeli si raccolse in preghiera, al termine della quale apparvero due angeli con la testa mozzata e ancora sanguinante che il Beato riattaccò sul corpo della donna, la quale subito risuscitò. All'intercessione dei profeti e alla compassione dì Gesù per la vedova di Nain ci fa pensare l'episodio di un'altra risurrezione, quella di una bambina annegata in un pozzo vicino alla Chiesa di S. Luca (un tempo esistente nei pressi dell'attuale Chiesa di S. Giorgio ai Genovesi).  Dopo un'ora di preghiera il Beato si alza e si avvicina al corpo della bambina esclamando: "Svegliati e sorgi, o tu che dormi!".  A quella voce la bambina aprì gli occhi e si alzò fra lo stupore dei presenti.  Per questa sensibilità verso le donne e i bambini il Beato Geremia è proclamato anche speciale protettore delle partorienti e dei bambini.
L'episodio che lo rese ancora più caro ai palermitani avvenne nel 1450.  Palermo era afflitta da carestia e peste, rivolte e disordini.  Per diverso tempo la città rimase isolata per le avverse condizioni del mare e per l'impraticabilità delle campagne circostanti, allagate da temporali.  La gente moriva letteralmente di fame e i Giurati della città non sapevano come affrontare l'emergenza.
Il Pretore, il Senato e i Patrizi si recarono a S. Cita per chiedere consigli al Beato che rassicurò tutti dicendo: "Il sole non volgerà al tramonto prima che saremo tutti consolati". Recatosi poi in riva al mare esortava tutti a pregare, quando improvvisamente si vide spuntare all'orizzonte una nave, che riuscì ad entrare in porto scaricando vettovaglie e viveri di ogni genere per poi scomparire istantaneamente, così come era apparsa.  L'episodio è stato poi immortalato sul secondo altare della navata destra della Cattedrale di Palermo, così come in una tela conservata nel Municipio di Palermo.

A Catania, dopo aver predicato una Quaresima in Cattedrale, si attirò la stima dei catanesi che chiesero al Beato Geremia di continuare anche li la sua opera.  Il 3 giugno 1443 iniziò la costruzione del convento riformato di S. Maria La Grande, di cui in seguito fu anche priore. 
La città gli chiese anche d'intervenire presso il papa Eugenio IV per l'apertura dell'Università a Catania, che fu inaugurata il 18 ottobre 1445 come "Siculorum Gymnasium”, con il discorso del Beato Pietro "De laude scientiarum". Un anno prima, nel 1444, Catania si considerò salvata da una eruzione dell’Etna grazie all’intercessione di S. Agata, il cui velo fu affidato al Beato Geremia, che lo portò in processione dinnanzi alla lava.

Era ancora impegnato nella predicazione a Catania quando, sentendosi male, volle ritornare a Palermo, dove giunse stremato.  Di ritorno al convento di S. Cita ben presto le sue condizioni di salute si aggravarono.  Chiamati i frati al suo capezzale tenne loro un lungo discorso di addio.  Li esortava alla perseveranza parlando loro di tre "scale" per conoscere e sperimentare l'amore di Dio. La prima è la "scala" della natura ( ... quanta bellezza è sparsa sulla terra ... ); la seconda "scala" è la bellezza dell'anima umana costituita in grazia di Dio; infine la terza scala, la gloria dell'anima, creata di natura spirituale, come quella degli angeli: quale sarà allora la bellezza ineffabile e 'infinita di Colui che la creò col suo solo volere?

Piazza San Domenico
Pur essendo stata notevolmente modificata, in seguito alla realizzazione del prolungamento della via Roma (1909), che ne altero' l'aspetto tipicamente settecentesco, costituisce ancora oggi uno dei luoghi più suggestivi della città. Realizzata nel 1724, per rendere ancora più magnificente l'omonima chiesa, prese il posto di un fitto reticolo di vicoli e case che caratterizzavano, fino ad allora, tale quartiere. L'elemento più significativo é sicuramente la Chiesa di San Domenico, sontuoso monumento di architettura barocca. E', questo, il risultato della sovrapposizione di tre chiese edificate dai domenicani, rispettivamente nel 1217, nel 1458 e nel 1640. L'ultima di queste tre chiese è l'attuale, opera dell'architetto Andrea Cirrincione, è impostata su pianta a croce latina a tre navate con cappelle laterali. Al suo interno si diffuse l'abitudine, durante il secolo scorso, di seppellire i più nobili ed illustri uomini di quel tempo. A sinistra della chiesa si trova l'ingresso all'ex convento dei Domenicani, facente parte del complesso della prima chiesa di San Domenico (1217), e fortemente danneggiato in seguito alla demolizione della chiesa originaria.